Orazio Gentileschi e l’immagine di San Francesco.
La nascita del caravaggismo a Roma
27 Gennaio 2023 – 10 Aprile 2023
martedì – domenica 10.00-19.00 (ultimo ingresso ore 18.00)
Le Gallerie Nazionali di Arte Antica presentano dal 27 gennaio al 10 aprile 2023 a Palazzo Barberini la mostra Orazio Gentileschi e l’immagine di san Francesco. La nascita del caravaggismo a Roma, a cura di Giuseppe Porzio, professore di storia dell’arte moderna presso l’Università di Napoli L’Orientale, e Yuri Primarosa, curatore del museo e docente a contratto di storia dell’arte moderna presso la Sapienza Università di Roma.
Nella sala n. 9 del piano terra di Palazzo Barberini, destinata alle mostre dossier con approfondimenti su singole opere o temi specifici, sarà esposto per la prima volta un dipinto di Orazio Gentileschi raffigurante San Francesco in estasi, notificato dallo Stato italiano su parere di Yuri Primarosa quale opera di eccezionale importanza storico-artistica.
Il quadro costituisce, con ogni evidenza, una rara e rilevante testimonianza del momento in cui Orazio Gentileschi si avvicinò alle novità poetiche e stilistiche elaborate da Michelangelo Merisi. Fu infatti eseguito dal naturale e con il modello in posa: un metodo di lavoro che Orazio doveva aver appreso già attorno al 1599-1600 direttamente da Caravaggio. Con ogni probabilità il quadro fu dipinto negli stessi anni del celebre processo che Giovanni Baglione aveva intentato contro Caravaggio, Onorio Longhi, Filippo Trisegni e lo stesso Gentileschi; nel corso del processo, e per la precisione nel settembre del 1603, Gentileschi aveva dichiarato di aver prestato a Caravaggio «una veste da cappuccino» e un «par d’ale». Si tratta plausibilmente dello stesso saio, contraddistinto da un peculiare copricapo a punta, che Orazio ritrasse nell’opera qui presentata.
L’inedito dipinto di Gentileschi è messo a confronto con tre importanti opere conservate a Palazzo Barberini e con un quadro proveniente dal museo del Prado: il San Francesco in meditazione attribuito a Caravaggio, il San Francesco sorretto da un angelo dello stesso Gentileschi, il San Francesco in preghiera del Cigoli e il San Francesco sorretto da un angelo di Madrid, altro capolavoro della fase giovanile di Gentileschi.
Grazie a questa scoperta sarà possibile documentare in modo nuovo la nascita del caravaggismo a Roma attraverso il precoce influsso suscitato dal Merisi su Gentileschi, già attivo nella capitale papale da più di due decenni nel solco della tarda Maniera.
L’inedito San Francesco, fortemente sperimentale nella resa di un naturalismo vivido ed espressivo, sarà inoltre presentato accanto ad alcuni oggetti di grande forza evocativa, come gli atti del processo del 1603 aperti sulla pagina della citata deposizione di Caravaggio, un saio cappuccino coevo e una fotografia di Massimo Listri della cripta dei frati cappuccini di via Veneto a Roma, realizzata per l’occasione.
Nella nuova interpretazione dell’immagine di san Francesco fu infatti fondamentale per gli artisti caravaggeschi la familiarità con alcune pratiche di preghiera molto diffuse al tempo, come le veglie compiute dai cappuccini davanti alle spoglie dei loro confratelli: vivida testimonianza dell’austerità di una regola consacrata all’elevazione dell’anima e al rifiuto delle vanità, celebrata magistralmente da Caravaggio e Gentileschi.
La mostra è stata realizzata grazie al supporto della Galleria Benappi Fine Art, che ha provveduto anche al restauro della tela, eseguito da Stefano Scarpelli sotto la supervisione delle Gallerie Nazionali.
Accompagna la mostra il catalogo edito da Officina Libraria che contiene saggi dei curatori e testi di Keith Christiansen (già direttore del Department of European Paintings al Metropolitan Museum of Art di New York), Alessandro Zuccari e Massimo Moretti (professori di Storia dell’arte moderna, Sapienza Università di Roma), Ilaria Sgarbozza (Soprintendenza Speciale di Roma) e Claudio Sagliocco (dottorando in Storia dell’arte, Sapienza Università di Roma).
PALAZZO BARBERINI
La storia del Palazzo come museo nazionale, regolarmente aperto al pubblico, comincia nel 1953 anno in cui Palazzo Barberini diventa sede della Galleria Nazionale di Arte Antica insieme a Palazzo Corsini, che lo era già dal 1895.
Nel corso degli anni la collezione di Palazzo Corsini si era ampliata tramite acquisti e donazioni, come l’acquisizione della collezione Torlonia e del Monte di Pietà del 1892, la donazione di Henriette Hertz del 1915 e l’acquisto della collezione Chigi del 1918. L’ampliamento delle collezioni rende indispensabile l’acquisizione di nuovi spazi espositivi, individuati in Palazzo Barberini.
Diversamente dalla quadreria Corsini, dell’originaria collezione della famiglia Barberini rimane poco. Nel Settecento cominciano infatti le prime dispersioni, anche a causa dei dissidi tra i vari rami ereditari della famiglia, ma soprattutto nel 1934 viene emanato un Regio decreto che consente ai principi di vendere, anche all’estero, gran parte delle loro opere. Lo Stato, in cambio, acquisisce un piccolo nucleo di dipinti, tuttora individuabili grazie alla sigla “F” seguita da numeri progressivi (La Fornarina, ad esempio, è siglata F1).
Dunque mentre la sede di Palazzo Corsini raccoglie una quadreria storica a sé stante, palazzo Barberini presenta un allestimento cronologico e rappresentativo delle principali scuole pittoriche dal Duecento al Settecento, organizzato in modo da poter integrare nuove acquisizioni o prevedere diversi allestimenti della collezione.
Il Cinquecento e il Seicento sono i secoli più rappresentati con opere di Raffaello, Piero di Cosimo, Bronzino, Hans Holbein, Lorenzo Lotto, Tintoretto, fino ad arrivare a Caravaggio con la schiera di caravaggeschi, e al ricco Seicento con opere di Gian Lorenzo Bernini, Guido Reni, Guercino, Nicolas Poussin, Pietro da Cortona.
La collezione settecentesca conserva importanti opere di Maratti, Batoni, Canaletto, Subleyras, Mengs e van Wittel; oltre che i dipinti della donazione del Duca di Cervinara, con le raffinate tele di Fragonard e Boucher, e quelli della donazione Lemme, con i rari bozzetti di Corvi e Ghezzi.